Liberazione

“I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi. Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse.


Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi».


Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò.


Non sanno come si chiama quell’adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all’improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!».


Tutto questo i ragazzi non lo sanno: o forse imparano, su ignobili testi di storia messi in giro da vecchi arnesi tornati in cattedra, esaltazione del fascismo ed oltraggi alla Resistenza”
(Piero Calamandrei).



Buon 25 Aprile a tutti ❤️

di festa in festa, in lotta con il drago

(ciascuno contro i suoi draghi)

Ieri era il mio compleanno, una data particolare, come sottolineava lo sposo in un messaggio dei suoi: ” 22 4 2024. Può sembrare un giorno tutto pari ma te compi 53 anni e, soprattutto, 19.359 giorni! “

Iniziava anche Pesach.

Domenica era già stata festa per il Battesimo di Daïna.

Sabato sono andata a verificare che i mostri rimasti nella mente non sono in grado di modificare un luogo evitato accuratamente per sette anni. Una bella vittoria, forse non definitiva, ma decisiva, sulle conseguenze di un trauma. GRAZIE

E un altro regalo impegnativo me lo sono fatta, guidata, accompagnata, istruita, ma alla fine la scelta spettava a me GRAZIE

Tanti regali, carichi dell’affetto per e di chi me li ha fatti. E le presenze che sono il regalo più grande della vita.

Stamattina un regalo in più, dal mio fratellino e dal nipotino più piccolo

Ieri sera una poesia, un messaggio delicato e preciso:

“Non so se è da compleanno ma la volevo condividere con te …

Io un’adolescente?
Se ora, d’improvviso, si presentasse qui,
dovrei salutarla come una persona cara,
benché mi sia estranea e lontana?
Versare una lacrimuccia, baciarla sulla fronte
per la sola ragione
che la nostra data di nascita è la stessa?
Siamo così dissimili
che forse solo le ossa sono le stesse,
la calotta cranica, le orbite oculari.
Perché già gli occhi è come fossero più grandi,
le ciglia più lunghe, la statura più alta
e tutto il corpo è fasciato
dalla pelle liscia, senza un’imperfezione.
In verità ci legano parenti e conoscenti,
ma nel suo mondo di questa cerchia comune
sono quasi tutti vivi,
mentre nel mio quasi nessuno.
Siamo così diverse,
i nostri pensieri e parole così differenti.
Lei sa poco –
ma con un’ostinazione degna di miglior causa.
Io so molto di più –
ma non in modo certo.
Mi mostra delle poesie,
scritte con una grafia nitida, accurata,
con cui io non scrivo più da anni.
Leggo quelle poesie, le leggo.
Be’, forse quest’unica,
se fosse accorciata
e corretta qua e là.
Dal resto non verrà nulla di buono.
La conversazione langue.
Sul suo modesto orologio
il tempo è ancora incerto e costa poco.
Sul mio è molto più caro ed esatto.
Per commiato nulla, un sorriso abbozzato
e nessuna commozione.
Solo quando sparisce
e nella fretta dimentica la sciarpa –
Una sciarpa di pura lana,
a righe colorate,
che nostra madre
ha fatto per lei all’uncinetto.
La conservo ancora.

(Wislawa Szymborska)

Sì, la voglio salutare come una persona cara, perché è parte viva di me, non la bacio sulla fronte, ma l’abbraccio a lungo e non le invidio gli occhi più grandi e la pelle più liscia, ha pagato a caro prezzo la sua inconsapevole bellezza, mi tengo le rughe (segno che è stata dura, ma sono sopravvissuta) e gli occhi più piccoli soprattutto dietro le lenti multifocali degli occhiali ormai indispensabili, la tengo abbracciata con la bambina che ha sempre quella stessa data di nascita e gli occhi ancora più grandi e il sorriso tenerissimo un po’ sdentato… ci hanno fatto tanto male, ma siamo anche state molto amate. Una sola vita e tante occasioni per imparare a perdonare, amare, chiedere perdono, lasciarsi amare… GRAZIE

Luce da luce

… morendo ha distrutto la morte
e risorgendo ha ridato a noi la vita …

«Le nostre braccia allargate sono l’inizio del cerchio, un amore più grande lo compie già» (Margherita Guidacci)

Pasqua 2024

ἐγὼ τὸ ἄλϕα καὶ τὸ ὦ, ό πρῶτος καὶ ὁ ἔσχατος, ἡ ἀρχὴ καὶ τὸ τέλος,
Ap., XXII, 13
( “Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”)

Mi sono persa la Veglia di Pasqua, sbatacchiata da un malessere che non è bastato a farmi rinunciare anche alla messa del giorno. Stamattina, a dirla tutta, stavo per arrendermi, dopo una nottata passata quasi più in bagno che a letto, ma non volevo rinunciare alla messa proprio per Pasqua.
Viola, la mia bambina che cresce, ora si preoccupa lei per me, quando mi hanno assegnato la prima lettura, lei voleva che declinassi l’invito “mamma, qualche volta puoi anche dire di no, sai?”, invece mi ha fatto bene. Mi parlava quella pagina: beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui… chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome. Forse la mia voce era più debole del solito, forse anche il microfono era regolato sul basso, come per i lettori successivi, ma c’era più silenzio in chiesa, poco chiacchiericcio, silenzio partecipe e commosso, interrotto da voci bambine, pianto di neonati, musica di vita, veri segni pasquali! GRAZIE


L’omelia profonda e vera di don Fulvio, Viola bellissima e dolce accanto a me, vedere finalmente acceso il cero dipinto, anche se mi ero persa la Veglia e la benedizione del fuoco, la Comunione…

Felice colpa, felice colpa, felice colpa…
Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore…

gioia piena, festa, pace, luce, speranza, nessuna certezza, se non della mia insufficienza che però non ostacola la Sua grazia, via le ansie, via le tenebre… una pioggia leggera sui passi del ritorno a casa…

Alcune immagini delle varie fasi di preparazione del cero dipinto quest’anno, con la soluzione ideata dal parroco per farmi colorare intorno, anche senza cavalletti appositi. Un tavolino pieghevole rovesciato è stato uno strumento prezioso:

Se il chicco di grano non cade in terra e non muorerimane solo

Sabato di silenzio e solitudine

o morte, sarò la tua morte;
inferno, sarò la tua rovina.

Da un’antica Omelia sul Sabato santo:
Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.
Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.
Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà. Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura. Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te.
Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono.

Talamo, trono ed altare

albero fecondo e glorioso,
ornato d’un manto regale,
talamo, trono ed altare
al corpo di Cristo Signore.

O croce beata che apristi
le braccia a Gesù redentore,
bilancia del grande riscatto
che tolse la preda all’inferno

trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
(…)
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
(…)
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.

Τετέλεσται … “è compiuto”, “finito”, “fatto”… o, usando un’espressione anacronistica, ma che rende meglio di “tutto è finito” come si traduceva un tempo, finalmente “GOAL

Oggi è il trionfo della Misericordia, non è giorno di lutto, ma di silenzio e stupore, commossa gratitudine per tanto Amore. Per amarci fino alla fine è andato dentro la morte a sconfiggerla.

imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna

Febbre alta stanotte, al risveglio sfebbrata. Indebolita ancora, devo rinunciare alla liturgia della Croce, in chiesa, ma posso vivere la preghiera in comunione spirituale esplicita con una cara amica, in ritiro alla Verna, io sul letto e sotto doppia coperta per i brividi, calore nel cuore pregando, in comunione spirituale implicita con tutti i credenti che in queste ore di grazia contemplano la Misericordia, l’Amore che si fa salvezza, dono totale, fino in fondo

di veglie

Nell’orto degli olivi si sono addormentati sfiniti, oppressi da tristezza o incapacità di comprendere quanto vissuto con il Maestro. In questa notte in tutte le chiese, diverse persone semplici o complicate, ferite o contente, comunque vive, amate, si daranno il cambio per vegliare il Santissimo nelle cappelline laterali. Invece io sono a casa, sveglia, ma stordita dalla febbre, alta… dolorante, ma col cuore colmo di gratitudine. E il sapore dolce del pan di ramerino assaggiato sfidando la nausea da malanno di stagione.

Don Bernardo, il nuovo viceparroco a San Jacopino, ordinato sacerdote da neanche un anno (quasi un anno, via, inizio aprile dell’anno scorso), emozionato a presiedere la messa in Coena Domini. Stavolta è stato lui a versare acqua dolcemente calduccina sul mio piede sinistro, poi asciugato con l’asciugamano bianco… e, sul mio piede come sui piedini di undici bambini, quasi tutte bambine, una ragazza e un bambino, ha portato con delicatezza il bacio di Gesù … Dio in ginocchio a lavare la fatica e il dolore di ogni caduta… Dio in ginocchio come una mamma davanti ai suoi bambini amati…Dio a farsi Maestro di amore rivelato in gesti prima che in parole, la Parola ci insegna come si fa verità.

Tra i dodici, tre bambine che si stanno preparando alla prima Comunione, me, una delle loro catechiste, e altri bambini, anche più piccoli

Foto scattate dalla cara Antonietta, ricordo di emozioni che non svaniranno comunque

I bambini, le bambine… una lavanda dei piedi commovente. Don Bernardo era molto emozionato, Isabella spaventata prima, contenta dopo. Maddalena sorriso negli occhi, Selene piccina seria e presa… un dono nel dono, una cascata di grazia. E un soffio di bellezza “non importa, non deve tornare tutto, non devi meritare proprio nulla… ti salvo io, vi salvo io, accogli e fidati” GRAZIE

fino alla fine, senza fine

Triduo, tre giorni o due? Il Venerdì Santo inizia al tramonto del giovedì, non c’è il saluto alla fine della messa vespertina, non finisce la Missa in coena Domini, l’Ultima Cena forse non è l’ultima, forse è la prima, in ogni caso, la messa non è finita.

Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con àzzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! (Esodo)

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

… Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Di passaggio, in cammino, ci si sporcano i piedi e si ci lavano a vicenda o… non siamo suoi. Non ci si mette comodi, si sta coi fianchi cinti, ma non si fanno conti, non si trattiene cosa o persona, non si usa lievito, si resta asciutti, per passare il mare a piedi asciutti, si dona tutto o non si è dato ancora nulla. Si diventa dono o non si ama ancora. Il più forte discorso di Gesù prima di passare al Padre, prima di fare della morte un passaggio e non più un muro contro cui sbattere, prima di affrontare la madre di tutte le nostre paure, il suo testamento, è un discorso fatto prima col gesto poi con le parole, un potente gesto di servizio e cura reciproca. Amore è lasciarsi lavare i piedi.

sono forse io?

«Sono forse io, Signore?»

«Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

” Nella Passione secondo Matteo di Bach c’è da rimanere incantati per come le parole e la musica rendano la situazione del momento.
Le parole di Gesù sono accompagnate da un violino. Bach le inserisce in una atmosfera misteriosa, soprannaturale, utilizzando molti bemolle ed una serie di bruschi salti di note e accordi discendenti. La parola “tradirà” è a sua volta sottolineata da un vocalizzo.
I discepoli, in coro, chiedono: “Signore sono io?”
Alla misteriosa sacralità della affermazione di Gesù corrisponde da parte dei discepoli una reazione terra terra. Le loro voci si accalcano preoccupate, cercando di sopraffarsi e la domanda: bin ich’s? Sono io? risuona undici volte, una per ogni discepolo, tranne Giuda che farà a parte la sua domanda. La preoccupazione dei discepoli è centrata con una fine notazione psicologica: undici volte è ripetuta la parola Signore, ma ben ventiquattro volte le due sillabe “sono io”. Il “sono io” è la vera angoscia dei discepoli. Non è tanto il fatto che il maestro sia tradito, ma l’idea che il colpevole possa essere proprio io. Non possono accettare questo e cercano in ogni modo di trovare in se stessi l’innocenza e la giustificazione. Le note corrispondenti sono sempre disposte con un intervallo ascendente, che mette in rilievo la parola “io”: il vero centro del pensiero dei discepoli.
Caro Gesù non invidio questo momento. Sono confusi i tuoi discepoli, rastornati e anche senza pensieri. Cosa sta succedendo?
L’uomo cerca continuamente fino all’ostinazione un centro di gravità permanente, una roccia sicura un luogo dove non poter morire.
Questi uomini avevano trovato in te Gesù il porto sicuro, indistruttibile dove ormeggiare le barche della propria vita.
(…)
Ora se crolla ciò che è nelle mani di Dio cosa mai si potrà salvare?
Si Dio mio. Questa notte non vedo niente, ma mi fido. Prendo con te la Croce per galleggiare sopra il mare della morte.” (Don Franco Mastrolonardo)

Uscì. Ed era notte

… uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?»

La testa sul cuore del Maestro, il capo appoggiato sul petto dell’autore della Vita, il discepolo quello che Gesù amava con l’orecchio sul cuore di tutto… se anche Giuda avesse potuto sentire quel battito d’Amore senza misura?

e invece

preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.

umanità sfinita, spreco per amore

Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;
(…) perché apra gli occhi ai ciechi
e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre
(Isaia)

… prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». (Gv 12,1-11)

Se non dai tutto, non hai dato ancora