è bellissimo perdermi in certi tunnel

La dolcezza di Maria che allatta Gesù in questo affresco senza attribuzioni… una delle perle della mattinata di oggi. Nella Cappella della Pura, dove si entra senza file, ingresso per i fedeli, senza accesso alla Basilica di Santa Maria Novella che pure era la meta della mia girata fiorentina di oggi.

Per il santo fiorentino che più amo, Pippo Buono… San Filippo Neri scaccia scrupoli e malinconia!

Nell’affresco, detto Madonna della Pura o dell’Umiltà vediamo la Vergine mentre allatta il Bambino, santa Caterina d’Alessandria e, senza più colore, la figura della committente, pare sia della scuola toscana della seconda metà del Trecento. Perché volevo andare a Santa Maria Novella? Dopo diversi giorni tappata in casa per la febbre alta e altri in cui sono uscita solo per andare a prendere Viola a scuola e per la messa a San Jack, oggi sono uscita presto per il saggio di musica a scuola di Viola e, strano ma vero, non pioveva! Non stavo benissimo, ma mi sembrava il giorno buono per cogliere un altro dono di indulgenza, stavolta parziale, l’ho scoperto dopo, ma va benissimo! Per la confessione, però (passati ormai più di otto giorni dalla riconciliazione di Assisi, due settimane domani), a SMN non era più orario. Allora sono andata in Cattedrale. Il Duomo di Santa Maria del Fiore è sempre un grembo accogliente per affidare tutto.

Uscita, mi è tornata in mente Lara, la mia amica nata al cielo da poco, grande arredatrice di tunnel … (ci sono lavori ovunque)

E poi in fila con i turisti, col cuore alleggerito e ricolmato di pace, ingresso gratuito per i fiorentini (per tutti i residenti a Firenze), scorpacciata di bellezza!

E sosta commossa davanti alla reliquia dell’Aquinate, un suo dito… un dito di una delle mani che hanno scritto la Summa Theologiae, tutte le quaestiones quodlibetales studiate all’Università, i commentari aristotelici, i trattati come il De ente et essentia, gli inni come Adoro te devote, Veni Creator Spiritus, Pange Lingua … emozione indicibile.

Masaccio deve essere restaurato… ci si torna!

E la quiete anche fuori… con la promessa a me stessa di tornare presto.

Amare l’Amore

«O Amore dammi tanta voce che chiamando te Amore, io sia sentita dall’Oriente insino al Occidente, e da tutte le parti del mondo, etiam nell’Inferno, accioché da tutti tu sia conosciuto e amato, amore; […]
Amore, amore tu solo penetri e trapassi…
se’ cielo e terra, Fuoco et Aria, Sangue e Acqua.»

Santa Maria Maddalena de’ pazzi

La santa di oggi, nata Caterina, diventata monaca col nome di Maria Maddalena, è patrona del seminario di Firenze, che si trova dove allora era il convento di Santa Maria degli Angeli, poi monastero del Cestello. Le sue spoglie mortali sono state portate dove ho studiato, tra Borgo Pinti e via della Colonna, il chiostro del convento dove si erano trasferite le carmelitane di Santa Maria degli Angeli, dimezzato, è diventato il cortile del liceo Michelangelo!

Caterina de’ Pazzi a sedici anni, prima di entrare in Carmelo; ritratto di Santi di Tito
Alessandro Rosi, Estasi di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi
Silvio Zannelli, S. Maria Maddalena de’ Pazzi, olio su tela, 25 maggio 2007, IV centenario della morte.

“Venite ad amare l’Amore!” diceva di continuo alle consorelle, anche nel cuore della notte, per incoraggiarle all’adorazione. Innamorata di Cristo, spese la sua vita per la rinascita della fede nella Chiesa e offrì ogni sua sofferenza “all’Amore non amato” che voleva far conoscere a tutti: “Amate voi l’amore? E come fate a vivere? Non vi sentite consumare e morire d’amore? Se non amate l’Amore, chi volete amare?”. Un bell’articolo su santa Maria Maddalena è QUI.

Assisi, Santa Maria degli Angeli

A me tornava in mente san Francesco e il suo sconsolato “l’Amore non è amato, l’Amore non è amato…” e mi sembrava di vedere le sue lacrime tra le rose e le pietre di un’altra Santa Maria degli Angeli, non chiesa fiorentina, ma l’imponente basilica costruita intorno alla Porziuncola…

Un contadino chiese: “Cos’è successo, fratello, perché piangi?”

Il fratello – San Francesco – rispose: “Fratello mio, il mio Signore è sulla Croce e mi chiedi perché piango? In questo momento vorrei essere il più grande oceano della terra per avere tutte quelle lacrime. Vorrei che si aprissero allo stesso tempo tutte le porte del mondo e le cataratte e che si scatenassero i diluvi per farmi prestare più lacrime. Ma anche se mettessimo insieme tutti i fiumi e i mari non ci sarebbero lacrime sufficienti per piangere il dolore e l’amore del mio Signore crocifisso. Vorrei avere le ali invincibili di un’aquila per attraversare le catene montuose e gridare sulle città: ‘L’Amore non è amato!’ Com’è possibile che gli uomini possano amarsi se non amano l’Amore?”

di Ignacio Larrañaga, in “Nostro fratello d’Assisi”, una biografia di San Francesco

dal roveto al roseto

Ieri, per Santa Rita da Cascia, la ‘santa degli impossibili’, benedizione delle rose al termine della messa a San Jacopino. Ne ho presa una anch’io, da portare a casa e ho esclamato: “Ma è senza spine!” e Alice: “Gliele avranno tolte, perché le sole rose senza spine sono… ” “nel roseto di San Francesco!”

Sabato scorso, con Roberta ad Assisi, siamo state anche a vedere il roseto, vicino alla Porziuncola e oggi mi piace mettere qui il racconto del frate minore Francesco Bartoli, che scrisse un Trattato sull’indulgenza di Santa Maria della Porziuncola. nella prima metà del XIV secolo, raccontando in maniera dettagliata l’esperienza di san Francesco poco prima del colloquio decisivo (per il dono immenso che ci ha lasciato) con Gesù e con Maria:

«stando san Francesco nella cella, che era nel giardino accanto alla chiesa di Santa Maria, nel mese di gennaio, e vegliando in preghiera nella notte, ecco Satana che venne e gli disse: “Francesco, perché vuoi morire prima del tempo? O ignori che dormire è l’alimento principale per il corpo? Perché stai facendo altro? […] Perché dunque ti punisci con veglie e preghiere?”. Allora san Francesco uscì dalla cella spogliato dalla veste e entrò nel bosco attraverso una siepe grossa e serrata, consegnando il suo corpo ai rovi e alle spine. E disse: “Inestimabilmente è meglio per me conoscere la passione del Signore, piuttosto che cedere alle seduzioni del nemico”. Quando il corpo fu insanguinato, sopravvenne una grande luce, apparvero numerosissime e bellissime rose bianche e rosse dal mirabile profumo e assieme allo splendore vi fu una moltitudine di angeli sia nella chiesa che presso di essa. E allora gli angeli dissero a san Francesco: “Vai velocemente in chiesa dal Salvatore e dalla madre sua”».

Nella foto di ieri, mentre sistemavo la rosa di santa Rita nel vaso, si vede che indosso il braccialetto con le medaglie di san Benedetto. C’entra anche il monaco di Norcia! Come raccontava, qualche secolo prima di san Francesco, papa Gregorio Magno narrando la vita di san Benedetto:

«Un tempo egli aveva veduta una donna ed ora lo spirito maligno turbava con triste ricordo la sua fantasia. E fiamma sì calda il diavolo suscitò nell’animo del servo di Dio con quella appariscente bellezza, che egli non riusciva più a contenere il fuoco dell’amore impuro e già quasi vinto stava per decidersi ad abbandonare lo speco. Fu un istante: illuminato dalla grazia del cielo, ritornò improvvisamente in se stesso. Visti lì presso rigogliosi e densi cespugli di rovi e di ortiche, si spogliò delle vesti e si gettò, nudo, tra le spine dei rovi e le foglie brucianti delle ortiche. Si rotolò a lungo là in mezzo e quando ne uscì era lacerato per tutto il corpo; ma con gli strappi della pelle aveva scacciato dal cuore la ferita dell’anima, al piacere aveva sostituito il dolore; quel bruciore esterno imposto volutamente per pena, aveva estinto la fiamma che ardeva all’interno, e così, mutando l’incendio, aveva vinto l’insidia del peccato».

Ma per san Benedetto lacerazioni e strappi, invece per il giullare di Dio il roveto divenne roseto e di rose senza spine.

Rosa Canina Assisiensis

Sabato scorso…

È già passata una settimana dall’esperienza bella di sabato 13 maggio, dalla mattina alla sera con Roberta ad Assisi. I giorni sono volati nei fumi della febbre e tra le lacrime del cielo. Il giorno dopo il piccolo pellegrinaggio mi ero regalata un po’ di tempo seduta a sistemare foto e ricordi al computer … tre post in un giorno su questo blog che pochi leggono e che a volte trascuro per settimane, ma che ogni tanto mi serve come un cesto di mollette, come gli acchiappini per i panni, mentre questi post sono acchiappini per la memoria… scorre tutto troppo in fretta se non mi fermo a gustare quel che vivo. Ho bisogno di raccontare e condividere, fermare le immagini…è un’illusione, lo so, ma da questi frammenti tra un po’ mi si riaprirà un ricordo, forse. Ricordi belli per il futuro prossimo. Se solo non mi mangiassi il tempo! Forse sentivo che stava arrivando la febbre, ma troppa fretta anche qui, domenica scorsa! Allora provo a ripercorrere piano piano quel che mi ha fatta crescere nell’amore e nella fiducia. A cominciare dall’emozione di prendere il treno dopo quasi un anno e per la prima volta da tanti anni di nuovo da sola (Roberta veniva da Roma, io partivo da Firenze).

La stazione ha sempre il suo fascino per me.


Stanca e un po’ smarrita, tra la comitiva vociante di anziani gitanti e le scene di varia umanità di un treno regionale, veloce, ma con tutte le fermate.

Scesa la comitiva di mezza età e voci alte, troppo alte, sono saliti ragazzi gentili e coppie di amiche. Accanto a me, dopo Cortona, si sono seduti un distinto signore giapponese e un giovane napoletano non tifoso (l’unico partenopeo che abbia incontrato non al settimo cielo per lo scudetto!). Conversazioni piacevoli, abbandonata ormai l’idea di leggere…

Ogni fermata un ricordo del babbo. Montevarchi dove insegnava all’inizio (i primi anni girava parecchio, Borgo San Lorenzo, Colle Val d’Elsa…), occhi lustri, confortati dalle belle macchie rosse dei papaveri leggeri come carezze, come le carezze che stasera mando dal cuore alla mia amica Roberta, alla sua vita in salita, stasera messa alla prova una volta di più.

Anche la stazione d’arrivo mi ha incantata,

con Santa Maria degli Angeli a vista dal binario,

gli arredi e le scritte retrò,

il pavimento perfino mi affascinava…

e la Basilica di San Francesco a vista dall’uscita opposta al binario

(Assisi, sabato 13 maggio 2023,
continua, segue… ho perso il filo)

le colline si cingono di esultanza…

Stamattina alle lodi mi tornava in mente il verde dell’Umbria, le colline dal finestrino del treno e le foglie degli alberi nel bosco di San Francesco

… visiti la terra e la disseti: *
la ricolmi delle sue ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque; *
tu fai crescere il frumento per gli uomini.

Così prepari la terra: †
ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, *
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.

Coroni l’anno con i tuoi benefici, *
al tuo passaggio stilla l’abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto *
e le colline si cingono di esultanza.

I prati si coprono di greggi, †
di frumento si ammantano le valli; *
tutto canta e grida di gioia…

i prati coi papaveri mentre si saliva dalla stazione di Assisi alla Basilica di San Francesco e il prato bello lì davanti,

con il tau e la parola pace

e i papaveri dal finestrino del treno …

Stasera, invece, mi torna in mente la sorpresa nel vedere il lago Trasimeno dal finestrino del treno, al ritorno da Assisi a Firenze, con la voglia di raccontare tutto al babbo…

e sono quasi cinque anni che babbo è morto, vivo altrove.

((Assisi, 13 maggio 2023.
frammenti
Segue)

…vi voglio mandare tutti in paradiso

Le fonti narrano che una notte dell’anno 1216, san Francesco è immerso nella preghiera presso la Porziuncola, quando improvvisamente dilaga nella chiesina una vivissima luce ed egli vede sopra l’altare il Cristo e la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli.

Essi gli chiedono allora che cosa desideri per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco è immediata: “Ti prego che tutti coloro che, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, ottengano ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.

“Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli dice il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”.

Francesco si presenta subito al pontefice Onorio III che lo ascolta con attenzione e dà la sua approvazione. Alla domanda: “Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?”, il santo risponde: “Padre Santo, non domando anni, ma anime”. E felice, il 2 agosto 1216, insieme ai Vescovi dell’Umbria, annuncia al popolo convenuto alla Porziuncola: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.

da qui

Prima di sostare a pregare e accogliere il dono prezioso, passeggiata tra rose e pietre, tortorelle e un presepe…

per poi tornare riconciliate e pronte a gustare la dolcezza della Sua presenza reale (una messa fuori programma per la prima comunione di alcuni bambini). E poi la visita alla Cappella del transito

e uno sguardo, istruito dalla lettura in treno, alle gambe del primo santo della storia:

un frammento della Crocifissione ‘nascosta’ del Perugino, quella meno famosa e di non sicura attribuzione, ma veramente affascinante:

Se siete alle spalle della Porziuncola, alzate lo sguardo e guardate il dipinto della Crocifissione del Perugino. Non abbiamo la totale sicurezza che ne sia proprio lui l’autore, ma sappiamo con certezza che il 18 luglio 1486
Pietro Perugino era presente ad Assisi, probabilmente proprio per prendere accordi con i frati in merito a quest’opera. Ciò che oggi è visibile ai nostri occhi è quel che resta di questa grande Crocifissione che decorava il primitivo coro della Porziuncola costruito nel 1485. L’affresco, in seguito, fu gravemente mutilato per consentire la costruzione della chiesa cinquecentesca.
Ora osservate bene questa bellissima pittura: al centro si vedono le gambe di un crocifisso (dicevamo che solo una parte dell’originale affresco è visibile). Quelle due gambe crocifisse, al centro della scena, con ai suoi piedi donne che piangono e svengono per il dolore, rendono quasi automatico far pensare che siano quelle di Gesù. Solo ad un occhio attento, non sfugge una scena posta all’estrema destra della parete: un legno verticale di una croce (solo il legno) con San Francesco che lo abbraccia, in ginocchio.
Allora uno pensa: ma se Gesù è posto (presumibilmente) al centro della scena, chi sta abbracciando San Francesco?
Ed allora tutto diventa chiaro: Francesco sta abbracciando il legno della croce del suo Signore ed il centro della scena è riservata al crocifisso che era alla sua destra, cioè a quel “buon ladrone” di cui tutti abbiamo la certezza essere in Paradiso. L’unica persona proclamata santa direttamente da Gesù, senza bisogno della Congregazione delle Cause per i Santi. La prima creatura umana salvata dal suo Creatore. Il primo uomo arrivato alla casa del Padre, grazie alla morte del Figlio.
Il primo salvato della storia è lì, al centro della scena, sulle mura esterne della Porziuncola. È un bellissimo messaggio per tutti: entrate in questa chiesa, luogo di salvezza per tutti coloro che vorranno, anche oggi, dire a Gesù (come il buon ladrone di duemila anni fa): “Ricordati di me”!
.

(pagine 72-73 del prezioso libro di Maria Cristina Corvo,
Nei luoghi di Francesco per incontrare Dio.
Misericordia di Dio abbracciami!)

Roberta era commossa, siamo uscite con tanta luce e pace in cuore GRAZIE

(Assisi, 13 maggio 2023.
Seconda puntata.
Segue)

Non toccare le tortorelle

Come santo Francesco
dimesticò le tortole salvatiche.


Un giovane avea preso un dì molte tortole, e portavale a vendere.

Iscontrandosi in lui santo Francesco, il quale sempre avea singulare pietà agli animali mansueti, riguardando quelle tortole con l’occhio pietoso, disse al giovane: «O buono giovane, io ti priego che tu me le dia, e che uccelli così innocenti le quali nella Scrittura sono assomigliate all’anime caste e umili e fedeli, non vengano alle mani de’crudeli che gli uccidano».

Di subito colui, ispirato da Dio, tutte le diede a santo Francesco; ed egli, ricevendole in grembo, cominciò a parlare loro dolcemente: «O sirocchie mie, tortole semplici, innocenti e caste, perché vi lasciate voi pigliare? Or ecco io vi voglio scampare da morte e farvi i nidi, acciò che voi facciate frutto e multiplichiate secondo i comandamenti del nostro Creatore».

E va santo Francesco e a tutte fece nido. Ed elleno, usandosi, cominciarono a fare uova e figliare dinanzi alli frati, e così dimesticamente si stavano e usavano con santo Francesco e con gli altri frati, come se fussono state galline sempre nutricate da loro. E mai non si partirono, insino che santo Francesco con la sua benedizione diede loro licenza di partirsi.

E al giovane, che gliele avea date, disse santo Francesco: «Figliuolo, tu sarai ancora frate in questo Ordine e servirai graziosamente a Gesù Cristo». E così fu, imperò che ’l detto giovane si fece frate e vivette nel detto Ordine con grande santità.

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

(Assisi, 13 maggio 2023.
Primo intermezzo.
Segue)

Assisi, un primo assaggio di splendore

La mia prima volta nei luoghi di Francesco? A parte la Verna, visitata con babbo quando ero una ragazzina, sì. Ieri, sabato 13 maggio, sono stata per la prima volta a camminare dove camminava, prima di diventare il poverello di Assisi, il santo che ho sempre amato, anche quando mi credevo non credente. Era il mio sogno, da diversi anni, da un paio di anni era diventato il sogno condiviso con Roberta, da qualche mese il ‘premio’ per lei, dopo l’intervento chirurgico l’estate scorsa, dopo la chemioterapia, dopo le altre cure che la mia carissima amica di Roma ha sopportato con coraggio e pazienza, insieme con tutta la sua situazione in casa, e anche una consolazione per me, per altre ferite e cicatrici, invisibili.
I sogni sognati insieme diventano piccole avventure ricche di amore. GRAZIE

La sera prima della partenza, il saluto di don Fulvio con la benedizione di Francesco a frate Leone.

Emozioni di primo mattino alla stazione di Firenze, ancora incredula di poter andare…

In treno un libriccino prezioso (letto in parte a casa e dopo il viaggio, perché in treno c’erano tante persone che parlavano a voce alta e ho preferito fare foto, scambiare messaggi, cercar di pregare…). Dal finestrino del treno, papaveri e piccioni

Fratello piccione, vale anche per te!

Assisi mi ha incantata già alla stazione.

La mattina è stata dedicata alla Basilica di San Francesco (oltrepassando, in salita, San Damiano, in un giorno solo non si può vedere tutto, ci torneremo). Non ho fatto foto della tappa forse più intensa, giù, alla tomba di Francesco e di frate Leone e degli altri suoi compagni, non si potevano fare foto neanche sopra, ma qualche scatto senza flash e senza dare nell’occhio… certo, nessuna foto restituirà l’emozione di essere a un soffio da dove dipingeva Giotto, ma il cuore ha retto non so come… GRAZIE

Nel cuore, oltre ai capolavori dell’arte, la bellezza della natura intorno.


E l’inno diffuso alla PACE GRAZIE

(Assisi, 13 maggio 2023.
Prima puntata.
Segue)

come piume

in un nido caduto da un ramo. Come piume e nodi, riparo smarrito.

Luce e bellezza a pochi passi da ricordi di lacrime e giorni e notti da dimenticare.

Rose di Villa le Rose.

Cancello della memoria travolto…

Eppure…
Eppure si cambia. Dopo tanti inviti strappati, oggi, per la prima volta, sono andata a farmi fare quell’esame di ‘prevenzione’ oncologica. Non ci credo, per me prevenzione è cercare di mangiare sano, fare movimento, soprattutto aver finalmente smesso di fumare e cose così… la mammografia potrebbe portare a una diagnosi ‘precoce’, non prevenire un cancro. Prevenirne conseguenze letali, forse. Stavolta l’ho fatta, per l’esito ci vorrà un mese, potrebbero chiamarmi prima per eventuali ulteriori accertamenti, un’ecografia o una visita senologica, ma sinceramente non mi interessa, ora. Oggi ringrazio che a farmi l’esame (fastidioso, anche un pochino doloroso, ma il vero disagio non era il fastidio fisico) ci fosse una donna. Penso non ci sia bisogno di dire altro. Dopo, mi sono soffermata su piccoli doni per il cuore, bellezza sparsa, punti di ristoro:

Prima, solo la gratitudine per la gentilezza del personale dell’ISPRO (Istituto per la prevenzione oncologica) e la sensazione – quasi dimenticata – di respiro frenato, indossando dopo diverso tempo la mascherina ffp2. Ottima anche per l’allergia stagionale!

Luna dei fiori

La chiamano Luna Piena dei Fiori, come i nativi americani Algonchini facevano in omaggio all’esplosione floreale del mese non solo delle rose. La chiamavano anche Luna in Erba (i Cree), Luna della Semina (i Dakota) e in altri modi, ma pur avendo letto che sarebbe entrata stasera nel cono di penombra, quando è sbucata da dietro un palazzo, un po’ arrossata, appena velata, immensa… mi sono emozionata.

Quando è uscita dal cono di penombra, per un po’ è rimasta lievemente velata da sbuffi di nuvole, poi l’alone si è rarefatto e lo splendore in alto rischiara questa notte di maggio al termine di un giorno troppo caldo… meglio i capogiri da plenilunio!